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L'esperienza sessuale
poetry [ ]

- - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - - -
by [inoltre ]

2011-11-11  | [This text should be read in italiano]    | 



Ombre allungate,
forme stilizzate,
l’altare frastornato dal ritmo,
ossessione,
un misto di smarrimento
e lucida sensazione
dell’essere profondo,
illuso,
la maggior parte delle relazioni
interpersonali
si basano sull’illusione
e sull’azione meccanica,
sulla compensazione
fra pieno e vuoto.
Si crede di comprendere
e di fare
un buon affare
quando la lingua si incaglia
nel dente cariato
e il mozzicone di sigaretta geme,
fumicolando
nella pozzanghera.....
Lo spaventapasseri,
attorniato dai rimorsi,
mette le mani sui tuoi seni
e languido scivola via.
Squadrando l’area interessata
al nuovo boom edilizio,
caccio cinghiali,
mormoro alla luna gemente
ed al cielo onniscente
che ho giusto il tempo per spirare,
sparire,
ritornare all’atto primordiale,
interrompere il volo
sentire il calore della tua pelle.
L’esperienza sessuale
è un’esperienza termodinamica:
spremuto
dalla mutazione del flusso calorico
provocata dalla tua visione nello spasimo ventrale.
Pigiare la tua pelle
e la tua carne soda
rinforza i muscoli delle braccia
e allarga le spalle,
e aumenta la vista
barricando le congetture
psicoumorali
nel piagnisteo delle comari assiderate.
Il cuore interrompe
il silenzio delle vene,
inturgidito
al pensiero della tua bocca
e del sentiero percorso
quando il grano appena colto
rifrange l’odore del pane
il mio palato esulta
per il fiore colto
maturato fra le dita.
L’ebrezza dell’agnello sacrificale:
la polvere da sparo
disillusa,
riempie del suo odore
lo spazio incluso,
mi entra fin nello stomaco,
mi riempie,
sazio
sussulto,
un airone sposta l’ala
e vira,
lo sguardo
si persuade del nulla
e dell’immensa disperazione della nube bianca
appiccata
al cielo azzurro
con una corda di sole
irrimediabilmente lontano.

In evento immobile
io solo, in evento immobile,
spostato dalle rughe
sovrascritte sulle lancette dell’orologio a cucù...
Aprile non c’è più,
generando lillà dalla terra morta,
nel pozzo dell’ogniddì,
un pizzico di sangue
traslato nell’oblìo
del mercato del venerdì
e uova di pipistrello,
raccattate nella notte
dell’apocalisse di Luna,
Luna a metà,
eclissata, l’altra metà,
dietro le dita giunte.
Un lupo mentecatto,
a brandelli, col dente cariato
e mai disinfettato,
scivola dietro l’angolo del baratro del giorno appresso,
veicolando immagini siderali
la Luna sposta l’occhio orbo sui miei pensieri.
Maga,
stracciatella
di uova di topo muschiato,
ornitorinco
assuefatto all’allattamento,
in amalgama perfetta
il tuo sussulto:
un nulla
nell’estremo arbitrario
riflusso scenico.

Gioco a parole statiche,
forme razionalizzate
perfettamente equidistanti
dalla curvatura dell’ellisse.
Iperboreo,
pigmeo assorto.
Scruto
Intendo
Conto
La ripetizione
Circostanziata
Dell’immenso
E poi.............
Influsso scenico pastorale ecumenico
La nuova conformazione del naso
Nella razza bianca,
arii,
indoeuropei,
stravaccati,
confusi,
gestiti nel timore
dell’amplesso anale,
coito vaginale,
l’uomo senza ombelico
partorito
dal grembo del nulla,
al nulla rivolto
con estenuante pianto;
irredimibile
l’avvento del salmone marinato
tuffato nell’oblio
dell’avversa corrente.Gutturalmente
lo gnomo si siede
sul fiore reciso
spara consonanti a raffica...
assuefatto all’amoralità politica
avvedutosi
della goccia di sangue
nell’occhio destro
del pollo fritto,il fico d’india
si ficca un ago in tasca,
e la radice del piede,
enigmaticamente,
si pianta in asso.

Ceduta la linea del metrò al robivecchi,
una gallina svolazza
nell’aia della cooperativa
dei consumatori delle mistiche celesti,
refrattaria al forno
e alla patata spellata,
s’interessa di cemento armato
sentenziando rovine epocali.
Un bruco risucchia la mia saliva,
è strano e puzzoso
il mondo dello spazzino,
si deforma di linee nauseanti,
rivoltante
con un profondo sapore di sudicio.
Venni in vita
prima che le acqua gelassero,
scegliendo la foglia e il tronco,
brandendo ramoscelli d’ulivo
e segatura, trucioli di nulla,
le azioni
depauperano
ciò che non è.
Il solco si lamenta
Quando il piede
Scombina le zolle,
in verità su questa graticola
son passati enormi e grassi
animali da pascolo.
Mi han dato un magico unguento,
la pelle si rigenera
sotto quest’olio prezioso.
Quando ti ho abbracciata
e il selenzio,
inaspettatamente,
bloccò le parole in gola,
risputai
gli anni passati
a mordicchiare
il bordo di questo mondo.
Affannato,
soddisfatto dell’ampleso,
mi rigirai
fra le lenzuola sudate
e l’unguento del miracolo mi è colato in testa
fra i capelli persi
e ciò che resta dell’idea iniziale
quando non ancora nata
la pillola
girava attorno il vuoto mentale.

Un buco nell’incudine
il fesso colato
solidificato
inesaurito,
sparso,
fesso spaziale,
gettato nell’orbita
della spada lucente,
quando il vicolo
si avvende
di luminarie appisolate.
E’ un brutto momento
per lo spazzino abbruttito,
si sente nauseato dall’inquietudine
e dal silenzio metafisico
della spazzatura.
Un vaso di porcellana rotto
mi ha tagliato il naso,
il sangue gocciolato
rappreso sul dito sudato
appiccicato al nulla del vaso.
Interrotto il silenzio metafisico
dal muggito del cielo terso,
mi barcameno
sotto la luce del lampione,
la pioggia placa questo inferno.
Mi perdo fra le carte stracciate
e i vagiti dei bimbi scordati,
le volute delle nubi nel cielo
disegnano il mio nome,
scarico di dosso
il pessimo gusto d’usato,
lavato,
ben pettinato,
mi inquieto
quando il passante
goccia sudiciume
ed equazioni irrosolte.
Spudorato,
senza tema di smentita,
me ne frego del salasso ammortizzato.
Ho lucidato scarpe
e dozzine di mele avvelenate
smistate nel catalogo postale.
Un quarto di Dio
per pettinare la mia testa pelata.
Seduto sulla panchina
un povero diavolo
distrattamente estinto,
provocatoriamente nudo,
incendiato in piazza,
anticonformista,
antiamericano,
anticapitalista,
nell’inquietudine
del profondo nulla.
Un quarto di vino
per vomitare sul tuo grembo
Terra madre,
un tappo di sughero
Per tapparti il muco del naso.
Un filtro d’amore,
per il mio cuore un filtro d’amore.
Ho in animo
il suicidio del baco da seta,
scaricherò il pallottoliere
sul conto della spesa.



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