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Poche parole
personals [ ]
dal diario di una ex bulimica

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by [lory78 ]

2008-10-22  | [This text should be read in italiano]    | 



Cosa avrei voluto ricevere da te? Invece di consigli sterili, a volte assurdi, avrei voluto che ti fermassi un po’, che mettesti da parte i piatti sporchi, l’aspirapolvere o il ferro da stiro per giocare con me. Mi sarebbe piaciuto vederti seduta accanto a me sulla poltrona, nei tuoi giorni di ferie, insinuarmi con le carezze le parole che poi sarebbero diventate principi ; mi avrebbero aiutato a costruire il mio Io su basi solide, certezze e non briciole d’affetto . Quando avevo bisogno di parlarti non c’eri mai… o c’era sempre qualcosa o qualcuno più importante che riusciva ad attirare la tua attenzione. La mia, me la guadagnavo ribellandomi, oscillando fra strilli e silenzi insensati. Era allora che mi provocavi, sapevi che il mio mutismo pesava più di mille parole dette con rabbia, che era più possente della tua stessa ira e che aveva la capacità di rinnovarsi, torcendosi contro come un boomerang. Che gioco assurdo che abbiamo fatto!
Mi sono mancati gli incoraggiamenti che gli altri ricevevano per le cose più sciocche e che a me non arrivavano… mai. Nonostante fossi abituata al tuo modo di essere – fredda, glaciale, cattiva, ottusa - aspettavo e speravo che tu ti accorgessi, ma nulla è cambiato, né fuori né dentro di te. Hai saputo invece criticare ogni piccolo errore, usando le solite parole che mi laceravano il cuore; ogni libro posato di traverso sullo scaffale diventava motivo di litigio, ogni scarpa lasciata fuori dall’armadietto, ogni frittata attaccata alla padella, ogni cosa che tu non vedevi così come avresti voluto vedere. Rovistavi fra i miei quaderni per scoprire cosa? Cosa, se nemmeno oggi non sai chi sono? A volte sentivo che esisto solamente quando la tua mano nervosa e pesante decideva di fermarsi, all’improvviso, sul mio volto o quando la cintura di pelle lasciava tracce viola sulle gambe che poi, a scuola, nelle ore di sport, nascondevo sotto i collant, anche d’estate. Mi soffocavo il corpo per sopprimere la rabbia, lo schifo che la vita era diventata per me. Ero arrivata ad odiare la carne, ad odiarmi ed ad odiare te. Ti accusavo per avermi fatto nascere, poi scoprii che è successo contro la tua volontà.
Mi sarebbe piaciuto andare insieme in vacanza, non essere esiliata dai nonni, che per quanto riguarda l’affetto non mi hanno mai fatto mancare nulla, a parte quell’ultimo episodio a cui hai assistito pure tu, e che, come bene sai, molto ha cancellato nel mio cuore. Lo facevi consapevole del fatto che io non volevo restare lì così a lungo. Era il tuo modo di punirmi questo? Forse ti dovrei ringraziare, poiché proprio in mezzo alla natura ho scoperto che non è tutto vano, che ci sono quelle piccole cose per cui vale la pena di andare avanti. Ed io l’ho fatto. A passi lenti, a volte strisciando a terra come un serpente, comunque ce l’ho fatta.
Pensa che bei ricordi avremmo avuto se qualche volta mi accompagnavi per i negozi, non per spendere, ma per indossare robe che entrambe sapevamo che non ci potevamo permettere. Ci saremmo sentite Cenerentole per un giorno, ma purtroppo l’unica Cenerentola ero io, che guardava le vetrine con occhi umidi e sentiva il rumore della fame nella pancia perché doveva dimagrire e doveva risparmiare per cambiare di un niente quel guardaroba stipato di cose regalate da amiche delle amiche e dalle zie ed altri parenti.
Mi sarebbe piaciuto alzarmi al mattino col sorriso sulle labbra e non con le borse sotto gli occhi, osservarmi davanti allo specchio per scoprire la pura bellezza della gioventù e non la mostruosità della bulimia, il pensiero rancido di morte. Ero stufa di quell’immagine impressa sul vetro. Non mi riconoscevo più e non trovavo detersivo abbastanza abrasivo da cancellarla, da cancellarmi in fondo.
Avrei voluto che le cose fra noi andassero diversamente, ma non fu così. Ed ora so che non è stata colpa mia – ingenuamente cercavo di capirti, di riuscire ad entrare nella tua ottica, di sostituirmi con te, ma mi fu impossibile approvare la maggior parte delle tue scelte; ho respinto migliaia di gesti, di parole, di sguardi; no, non l’avresti dovuto fare!
Quanto tempo è passato da quando non ho più paura di te? Quando sono riuscita a liberarmi completamente, non lo so. Forse è finito tutto quando ho smesso di sognarti. Dopo tanti anni, ogniqualvolta tento di parlarti riguardo al passato mi ritrovo davanti ad un muro di indifferenza, una parete alta che non sono più in grado di scavalcare, nonostante mi addestri tutti i giorni. E tu sei ancora lì, non sei per nulla cambiata, fai finta di non capire, come se tutte queste cose non fossero mai successe. Pensi di avere vinto tu, forse. Ora tocca a mio fratello, tu non trovi pace se non fai la guerra contro qualcuno. Uno ad uno elimini i tuoi avversari. E pensi di essere forte, invece sei sola e debole, frustrata e capace di qualsiasi cosa pur di provare piacere. Le lacrime altrui ti danno l’illusione di essere invincibile. A me hanno dato la forza, mi sono state indispensabili, come la linfa lo è per le piante. Altro non sono stata che una pianta cresciuta troppo vicino a te. Per quello la tua ombra frenava la mia crescita. Ci è voluto un vento, un vento forte che mi strappi via, radici comprese, per allontanarmi da te. Ed ora posso respirare, posso godermi l’alba, il mezzo giorno ed anche il tramonto. Posso fare quello che da bambina odiavo fare: vivere!


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